Quando si parla di effetto serra ci si riconduce alle condizioni micro-climatiche che si sperimentano all’interno di una serra. La serra – come sappiamo – è una costruzione artificiale destinata alla coltivazione e alla conservazione delle piante al di fuori del loro ambiente naturale di crescita e sviluppo. Si parla di coltivazione in serra quando il raccolto avviene al di fuori della stagionalità in un contesto artificiale creato dall’uomo. Per ottenere questo risultato sono necessarie condizioni di luminosità, calore e irrigazione particolari, ottenute principalmente grazie alle proprietà del vetro di far passare la luce solare e trattenere calore.
Circa la metà dell’irradiazione solare raggiunge la Terra, in condizioni differenti a seconda della latitudine, rispetto all’asse inclinato attorno al quale ruotiamo. La luce solare, sotto forma di calore e illuminazione, dopo aver attraversato l’atmosfera viene assorbita dal terreno, dagli oceani e dai mari e spesso re-irradiata nell’atmosfera (ad esempio ai poli) o trasformata in diverse forme di energia, come i venti e gli uragani, per fare un esempio concreto.
L’energia restituita dal terreno e dai mari all’atmosfera viene assorbita dai gas atmosferici presenti in misura differente, come l’anidride carbonica, il vapor acqueo e l’ozono in un continuo scambio di irradiazione a specchio. Questo processo tende a concentrare una parte dell’energia solare nell’atmosfera, ostacolando la dispersione del calore terrestre negli strati esterni dell’atmosfera, con degli effetti fondamentali sullo sviluppo della vita, che senza questa gabbia non sarebbe possibile.
Ovviamente ci sono dei limiti fisiologici entro i quali questo calore trattenuto nell’atmosfera ha effetti benefici. Quando si parla di effetto serra ci riferiamo inevitabilmente al riscaldamento globale. Cioè a quel processo umano di riscaldamento del pianeta attraverso l’immissione nell’atmosfera di gas industriali. Benché la vita si regga sulla combustione dell’ossigeno esso non è così abbondante nell’atmosfera: anzi, con i nostri processi industriali lo stiamo bruciando in favore dei cd. gas “serra”, cioè diossido di carbonio fondamentalmente. Come si sa questo gas è utilizzato dalle piante che producono in modo naturale l’ossigeno. Stiamo creando quindi un deficit pericoloso, anzi di fatto lo abbiamo fatto, tra ossigeno e diossido di carbonio a favore di quest’ultimo. Stiamo consumando molto di più dei nostri precursori vegetali, cioè quell’enorme ammasso di foreste del Carbonifero responsabile della creazione delle fonti di idrocarburi nel sottosuolo. Contemporaneamente stiamo distruggendo le foreste, limitando l’assorbimento vegetale dell’anidride carbonica. Dalla sua comparsa sulla Terra l’uomo ha raso al suolo più di un terzo della superficie boschiva del pianeta e la maggior parte di questa distruzione è avvenuta negli ultimi 80 anni. Anche l’altra grande fabbrica di ossigeno, il mare, è pesantemente minacciato dall’uomo: la componente di fitoplancton responsabile della produzione di ossigeno risente fortemente dell’inquinamento. Il risultato è il progressivo accumulo di diossido di carbonio nell’atmosfera, che innalza la temperatura complessiva del pianeta, concorrendo sia allo scioglimento dei ghiacciai e dei ghiacci perenni ai poli, sia provocando catastrofi climatiche che mettono a repentaglio lo sviluppo di interi territori.
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